Diario di un viaggio fino in Mauritania affrontato con spirito minimalista e spartano a bordo di due Renault 4 e un Nissan King Cab anch’esso d’epoca. Era l’inizio del 2020, e alle peripezie causate dalla tipologia e dall’età dei mezzi si è aggiunta la pandemia e il lockdown in Italia
Testo di Dario Prandi
Premessa
“C’è tanta gente infelice che tuttavia non prende l’iniziativa di cambiare la propria situazione perché è condizionata dalla sicurezza, dal conformismo, dal tradizionalismo, tutte cose che sembrano assicurare la pace dello spirito, ma in realtà per l’animo avventuroso non esiste nulla di più devastante del futuro certo. Il vero nucleo dello spirito vitale di una persona è la passione per l’avventura”.
Chris McCandless (tratto dal libro “Into the wild” di Jon Krakauer).
La spinta
Cosa ci spinge ad affrontare viaggi del genere?
Perchè lo facciamo?
E perchè non vediamo l’ora di ripartire?
Viviamo in un mondo dove tutto è codificato. Dove i mezzi di comunicazione di massa ci hanno allevato, cullato e indotto falsi bisogni. Ognuno vive nella sua scatola di cemento scontattato dal genere umano e da madre natura.
Lavoro, abitudini, fisime, falsi impegni hanno reso sempre più difficile essere protagonisti della propria vita. La prima casa è il mio pianeta, la seconda dove abito.
E noi semplicemente sentiamo questa spinta di un ritorno alle origini. Viaggiare in autosufficienza, bivaccare sotto le stelle, “sentirsi” e sentire gli altri, l’incertezza di non sapere cosa ti capiterà domani, tutto questo ci rende vivi.
Introduzione (lo scopo)
Viviamo nel nord del mondo, la zona più ricca e benestante del pianeta. Anche senza volerlo tutte le nostre comodità derivano dallo sfruttamento delle risorse del sud del mondo. È l’economia globale, il libero mercato, un gioco sporco a cui nessuno si può sottrarre.
L’impatto sul pianeta è devastante. Effetto serra, innalzamento del mare, plastica e microplastiche, polveri sottili, rifiuti tossici e via dicendo. L’Africa è il continente più povero, sfruttato e dominato dalle potenze economiche mondiali. Ma è anche un territorio immenso, spesso incontaminato, di una diversità e bellezza uniche.
Un esempio è il Sahara, il deserto dei deserti, un ambiente ostile dal fascino irresistibile. Da qui l’idea di mettersi in gioco in prima persona e dare il via a una serie di viaggi di turismo solidale. Quindi ci si auto organizza per la raccolta fondi, vestiario, giochi e materiale didattico per i bambini, dispositivi sanitari.
Tutto questo coadiuvati dall’amico Fabrizio Rovella, titolare di SaharaMon Amour, agenzia di viaggi in 4×4 di stanza in Mauritania (www.saharamonamour.com). Fabrizio fa da interfaccia tra noi e le istituzioni alle quali devolvere gli aiuti. Poi, stabilito un itinerario, inizia il viaggio in cui il primo obiettivo è la distribuizione di tutto il materiale. Conclusa questa fase, inizia la sessione “avventura” destinata ad immergersi nei panorami mozzafiato, nel silenzio e nella immensa vastità del deserto.
La “sfida” e la logistica
Caratterizzato da uno spirito minimalista e spartano, questo viaggio viene progettato in stile “vintage”. Tre i mezzi: due Renault 4 e un Nissan King Cab, tutti con trent’anni di gloriosa carriera alle spalle. Caricati all’inverosimile di aiuti, con il Nissan (nick “Brahamaputra”) a fare da mezzo d’appoggio con tanto di cambusa e cucina da campo annessi.
L’idea è di divorare velocemente i 2.700 chilometri che separano Tangeri, in Marocco, da Nouakchott, la capitale della Mauritania, scaricare e alleggerire i mezzi per poi avere il tempo sufficiente da dedicare alla parte ludica del viaggio.
Questa prevede: svacco sull’oceano al Banc d’Arguin, deserto, Marrakech, Fes e Chefchaouen. All’andata è previsto il bivacco selvaggio on the road (again) e cena con cucina da campo per minimizzare i tempi morti. Al ritorno, a parte il deserto, si dormirà in strutture prediligendo i campeggi rispetto a pensioni e alberghi.
Le persone coinvolte nel progetto
Fabrizio Rovella (agenzia SaharaMonAmour), referente a Nouakchott
Dehi, guida sahariana dell’agenzia SaharaMonAmour
Alessandro Spelta e Giorgio Lupatini su R4 verde
Luciano Ravasio e Caterina Spelta su R4 bianca
Il sottoscritto Dario Prandi su Nissan King Cab alias Brahamaputra
Il racconto
Nell’inverno si dà il via alla preparazione delle R4, tagliandandole e dotandole di quei minimi accorgimenti per affrontare al meglio il viaggio. Il Brahamaputra, invece, sta bene così.
4 febbraio
Spesa per la cambusa.
8 febbraio
Si caricano gli aiuti umanitari sui mezzi.
14 febbraio
Partenza da Besate. Sull’autostrada per Savona la R4 bianca va più volte in ebollizione. Si risolve il problema rimuovendo il termostato. A Savona imbarco su ferry per Tangeri Med (50 ore).
16 febbraio
Tangeri, Marocco. Dopo pochi chilometri le R4 non ne vogliono sapere, pretendendo una serie di interventi meccanici: pompa dell’acqua, guarnizione della testa e radiatore, tutto fatto al volo sull’asfalto dell’area di servizio. Prima giornata buttata via.
Dal 17 al 23 febbraio
Drittoni infiniti, oceano sulla destra, Sahara Occidentale, due forature e siamo a Nouakchott. Incontro con Fabrizio Rovella e prima distribuzione di aiuti in un orfanotrofio maschile della capitale.
24 febbraio – Nouakchott, Mauritania
Oggi giornata di stop. Scaricato il Nissan con aiuti a casa di Dehi, la guida sahariana, che li porterà nelle oasi e nei villaggi dove più hanno bisogno in quanto isolati. Nel pomeriggio visita alla spiaggia dei pescatori di Nouakchott.
Dal 25 al 27 febbraio – Parco Naturale Banc d’Arguin, Mauritania
Percorriamo 35 km di pista dura misto sabbia dove le R4 sono state messe a dura prova, ma alla fine tra spinte e rimorchi si arriva al villaggio tendato di Cap Tafarit. Giornate caldissime con pomeriggi roventi e temperature sui 33/34° che obbligano il team a frequenti abluzioni oceaniche.
Il mare è famoso per essere uno dei più pescosi al mondo. Baia di 5 km di sabbia bianca simil caraibica. Al tramonto cene a base di pesce con tavolino vista mare. Insomma, che dire…? Uno spettacolo! Al ritorno una duna dispettosa rende necessario il traino di entrambe le R4, mentre il 31enne Nissan King Cab con 500mila km vende cara la pelle e passa di suo.
28 febbraio – Banc d’Arguin-Bir Gandouz (300 km)
Partenza alle 7.00 dal Banc d’Arguin seguita da estenuante passaggio della frontiera Mauritania-Marocco con scanner alle auto e al team per Coronavirus. Stop all’hot el (scritto proprio così) di Bir Gandouz, un misto di puzza, bagni inavvicinabili e bordello con entrambi i significati semantici. Notte da dimenticare…
29 febbraio – Bir Gandouz-Dakhla (300 km)
Tappa scorrevole e tranquilla. La temperatura torna ad essere gradevole e non più soffocante. Passaggio in officina a Dakhla per la R4 verde che manifesta problemi di carburazione. Risolti. Presa posizione all’hotel Aram consigliato per il rapporto qualità-prezzo. Da segnalare a inizio baia l’area sosta camper nota come PK25 per la massiccia presenza di kitesurfers.
1 marzo – Dakhla-Foum El Oued (530 km)
Monotona tappa di trasferimento nella piatta desertica. Da segnalare la comunicazione pervenuta dall’istituzione scolastica di Tanoucert dell’avvenuto contributo da noi versato attraverso la raccolta fondi promossa dall’associazione Bambini nel deserto.
2 marzo – Laayounn-Sidi Ifni (470 km)
Trasferimento a nord. Siamo sempre sull’oceano. Domani si penetra all’interno verso est per avvicinamento al deserto dei deserti.
3 marzo – Sidi Ifni-Tata (340 km)
Tappa breve per recupero energie. Ci si avvicina al Sahara per come ce lo immaginiamo. Temperatura 32°C. Domani, forse, attacchiamo la pista da 170 km che ho fatto in mountain bike nel 2009. Stasera alloggiamo in camping nel centro di Tata. Caratteristica e bella la sua piazza pavimentata con portici su tre lati. Cena in piazza dai grigliatori di cibo di strada, pesce e pollo per un totale di meno di 5 euro a testa. Se tutto quadra domani saremo in silenzio radio per romantico bivacco tra le dune.
We can be heroes just for one day…
4 marzo – Tata-Nel nulla (240 km)
Pronti, partenza… via! 130 km di trasferimento e siamo a Foum Zguid (inizio pista). Questo tratto di pista lo ricordo bene avendolo fatto in senso contrario in MTB nel 2009. È pista dura con pietre fisse e mobili di tutte le dimensioni che tritano tutto. Gli ultimi chilometri li avevo fatti a buio spingendo la bici per evitare rovinose cadute. Dopo pochi chilometri la R4 verde squarcia un pneumatico. All’altezza del lago (prosciugato) di Iriki, alla stessa R4 si sgancia il cofano motore dalle cerniere anteriori. Un po’ di fil di ferro e si prosegue.
Andamento lento (10/15km/h) per risparmiare la meccanica dei mezzi e per non essere frullati vivi in cabina. Le R4 raspano e raschiano sulle pietre di continuo, vengono divelti e quindi rimossi i paracoppa che hanno il difetto di essere fatti di lamiera troppo sottile. Poi è il turno di un ammortizzatore della R4 verde che ci abbandona. La temperatura è sui 34/35° e, complice il vento fortissimo, le energie del gruppo sono ridotte al lumicino. Inoltre, procedendo a bassa velocità, le R4 soffrono di continui surriscaldamenti, acqua in ebollizione, spegnimenti e difficoltà nell’avviamento.
Solo al Brahmaputra il caldo, l’orrida pista e l’andatura slow motion sembrano fargli una pippa. Va piano, ma va sempre. L’obiettivo di tappa odierno è arrivare all’oasi Sacrée, a 8 km dalle imponenti dune (fino a 300 metri di altezza) dell’erg Chegaga (erg: deserto di sabbia/dune). Facendo la pista al contrario ma soprattutto passati 11 anni, ho il sospetto che non siamo sulla retta via.
Comunquemente ho le coordinate GPS dell’oasi, un Garmin palmare, sul telefono le mappe offline della zona e, in aggiunta, il binocolo appartenuto a Rommel la volpe del deserto. Sono in una botte di ferro. Totale lire il Garmin non si accende più, né con le pile né via USB, il GPS del mio telefono è rotto e non aggancia più i satelliti. Non mi resta altro che scrutare l’orizzonte con il binocolo di Rommel nella vaga e vana speranza di identificare qualche punto di riferimento.
Giunti ad un bivio, parto in ricognizione con il Nissan, ma tra andata e ritorno butto via 13 km senza colpo ferire. Sono le 17, si decide di proseguire per ancora un’ora e poi fare campo. È la R4 verde il calimero di oggi, che allo scadere dell’ora decide per tutti (da vero leader) di fermarsi definitivamente.
La spingiamo a mano fuori pista, coccolandola e carezzandola nella speranza che la sua sia solo una birichinata temporanea. Poco distante, nell’immensa pietraia, si fa campo in un piccolo fazzoletto di sabbia. Cena: pasta al ragù e insalata di pomodori. Il morale del gruppo è basso, si pensa alla giornata di domani e ci si immagina un’altra giornata pesante. Si stima manchino ancora 80 km di pista. Preso da turbe psichiche rimango seduto un’ora, binocolo in mano, osservando le luci delle tende berbere poste a ridosso delle grandi dune.
Cerco di valutare la distanza… Può essere tra i 10 e i 20 km. Manifesto al gruppo l’intenzione di preparare uno zaino con il kit sonno e andare a espiare i miei peccati dormendo sulla grande duna. Penso e rimugino, ma ogni volta che mi alzo in piedi sento che ho poche forze e mi gira la testa. Va be’, rinuncio al trekking notturno e metto in play, dall’autoradio del Brahmaputra, Cocaine versione originale di J. J. Cale (quella più conosciuta di Clapton è la cover di Cale) ad un volume adeguato alle circostanze, cioè a manetta. Sandro viene filmato nel raptus della danza con tanto di luci strobo. Pian piano ci si addormenta sotto le stelle, ognuno avvolto nel sacco a pelo e nei suoi pensieri.
5 marzo – Nel nulla-Tagounite (80 km)
Colazionati, si sbaracca il campo con l’ansia di capire se la notte ha portato consiglio alla R4 dell’equipaggio Sandro-Giorgio. Niente da fare, ieri ha esalato l’ultimo respiro. Colpa di Sandro che nella notte, vista una stella cadente, ha espresso ad alta voce il desiderio di una resurrezione della birba verde.
Ocappa, si decide di trainarla per 80 km con il Brahmaputra. Pochi chilometri e si squarcia il pneumatico posteriore destro della Renault al traino. Altro pezzo di pista e la strop, anch’essa trentennale, si spacca. Dario sguscia una cima di 30 metri e, fatta in 4 e intrecciata, si ripristina il cordone ombelicale. Frequenti le soste quando il cavo di traino si arrotolava sotto una ruota dell’R4 nell’attraversamento di oued (fiumiciattoli) asciutti.
Ennesima sosta per sigillare perdita dal tubo benzina sottoscocca causa impatto con rolling stone. Si macinano km e km con l’ansia che il Brahmaputra o l’R4 bianca manifestino dissenso al penoso trattamento. Nella breve sosta pranzo il Nissan cicca un paio di volte l’accensione con il motorino di avviamento apparentemente morto.
Il vecchio guerriero al terzo tentativo risolleva il morale rimettendosi in moto. Nelle successive pause verrà sempre mantenuto acceso a scanso di equivoci. A 20 km dall’arrivo la R4 equipaggio Caterina-Luciano va in ebollizione su una salita e si spegne. Il Brahmaputra sgancia la R4 verde ed effettua il recupero della bianca. Pausa per raffreddare il motore e, passata una mezz’ora, riparte. Tagounite e lì, a 1 km, quando la R4 verde squarcia l’anteriore sinistra, ma è l’ultimo sforzo, ci siamo, siamo arrivati! Si porta la verdona dal meccanico e chiudiamo la giornata.
We can be heroes just for two days…
6 marzo – Tagounite-Ouarzazate (200 km)
Svegliati comodi, senza fretta, la verdona sicuro che non è pronta prima delle 11. Un po’ di svacco, ci si lecca le ferite, si recuperano un po’ di energie. Tutto dipende da quando ci consegneranno l’auto, stiamo in attesa. Luciano porta la R4 bianca da un meccanico per rimontare un paracoppa di recupero. Io mi dedico al report del 4/3 da pubblicare sul blog e su FB. Sandro e Giorgio seguono i lavori sulla R4 verde.
Terminato il report porto il Brahmaputra in officina per dare una soffiata al motorino di avviamento e al filtro aria. A mezzogiorno raggiungo la verdona per capire a che punto siamo. Giorgio e Sandro stanno pagando, la macchina è pronta. Elenco lavori: rimozione e saldatura crepa serbatoio benzina, sostituzione totale tubo benzina sottoscocca, saldatura di un braccetto di sterzo, 4 pneumatici nuovi, sostituzione gommini ammortizzatore, ingrassaggio cuscinetti ruote posteriori e ripristino cerniere cofano motore.
Alle 12.30 si riempiono i serbatoi e si riparte. Si risale la valle del fiume Draa, decine di km di palmeto verde che interrompono il rosso-ocra del territorio prima piatto e poi di montagna erosa dal vento che trasporta la sabbia del deserto. Stiamo salendo di quota verso le montagne dell’Atlante e le temperature scendono di conseguenza, oggi si comincia a respirare. Passo a 1.660 metri s.l.m., poi discesa in picchiata su Ouarzazate, famosa per gli studios di set cinematografici.
Si pernotta in bungalow nel camping municipale. Unico neo, arrivo a Ouarzazate con le marce che non entrano più e devo cambiare facendo la doppietta. È qualche giorno che il Brahmaputra, quando si surriscalda (oggi sulla salita, nei due giorni scorsi su pista), presenta questo problema.
7 marzo – Ouarzazate-Marrakech (220 km)
Sveglia e si parte per visitare gli studios cinematografici. Sorpresa: sono chiusi. Pista di 10 km e si visita Ait Benhaddou, sito restaurato nel 1977 dall’UNESCO, anch’esso sede di numerosi set di film tra cui “Il gladiatore”. Quindi si parte e si attacca il valico di montagna più alto del Marocco, quota 2.300 metri, il Tizi n’Tichka. Si passa di fianco al jebel Toubkal, la montagna più alta dell’Atlante (4.088 metri). Fazzoletti di neve giacciono. Discesa e sbarco a Marrakech. Alloggiamo all’hotel Azoul, nei pressi della piazza Djemaa el-Fnaa, patrimonio mondiale dell’UNESCO.
8 marzo – Giorno di riposo a Marrakech
Nel 2001 l’UNESCO ha dichiarato piazza Djemaa el-Fnaa capolavoro del patrimonio orale e immateriale dell’umanità. “Sebbene la piazza sia molto vivace a qualunque ora del giorno, l’animazione raggiunge il culmine al tramonto quando si apre il sipario su file e file di chioschi che preparano cibo all’aperto. Giocolieri, cantastorie, incantatori di serpenti, musicisti e saltimbanchi occupano il resto della piazza” (testo tratto da una guida turistica).
Giornata dedicata all’immergersi, confondersi, miscelarsi nella piazza e nel labirintico, immenso, claustrofobico souq della medina. Trattare sul prezzo guardandosi negli occhi e ad “affare” concluso stringersi la mano e salutarsi con affetto e rispetto apparente. Lasciarsi guidare e farsi spiegare le mille bellezze dell’artigianato locale, senza fretta e senza l’obbligo di comprare. Odori, suoni, colori, persone e personaggi creano quell’atmosfera magica e senza tempo che ti entra dentro e ti fa stare bene. Questa è Marrakech.
9 marzo – Marrakech-Kenifra (330 km)
Pronti, si parte… Direzione nord, verso Fes. Si prevede di fare tappa intermedia a Kenifra per evitare di stare una giornata in cabina. Siamo tutti un po’ stanchini e le notizie sul Coronavirus sono un’ulteriore angoscia che abbassa il morale degli equipaggi. Siamo preoccupati per voi tutti e non riusciamo ad immaginare cosa provate nel vivere la pandemia. Bruttissima situazione.
Ok, cerchiamo di uscire da Marrakech e subito, per un attimo di distrazione, perdo il contatto con le R4. Risolvo trovando un’area wifi e fissando un rendez vous a Beni-Mellal, distante 130 km. Nell’uscire dal traffico imbarazzante di Marrakech (guidano come kamikaze votati alla morte) ecco quello che non vorresti vedere: un ciclista indigeno esanime a terra, centrato da non si sa chi. Uscito dal caos lancio il Brahmaputra al galoppo e raggiungo le R4. Sosta pappa a Beni-Mellal e alle 17 arresto a Kenifra. Nulla più da segnalare.
10 marzo – Kenifra-Fes (150 km)
Trasferimento nella città imperiale di Fes. Rischiati 40 euro di multa per sorpasso multiplo azzardato. Ero un po’ nervosetto stamattina e con la polizia non sono riuscito a mantenere la calma. Per assurdo, vedendomi in questo stato di agitazione, mi hanno graziato… Paura contagio?
Sappiamo che l’Italia tutta è stata dichiarata zona rossa. Sappiamo anche la situazione da incubo che state vivendo. La speranza di tutti è che questa schifezza passi in fretta e che ritorni un po’ di serenità. Un segnale positivo è che il contagio in Cina sta diminuendo. Speriamo bene. Un abbraccio virtuale da tutti noi a tutti voi.
Personalmente parlando, non avendo nessun legame o vincolo che mi obbliga a tornare in Italia (insegno e le scuole sono chiuse fino al 3 aprile), sto valutando l’idea di spostare il rientro e rimanere in Marocco con il fido Brahmaputra. Tornando al viaggio, abbiamo preso sede a Fes in un resort da suogno (scritto proprio così). Cari amici vicini e soprattutto lontani… Tenete duro!
11 marzo – Giornata di riposo a Fes
Il nostro viaggio sta via via sempre più perdendo di significato. È notizia confermata che i collegamenti navali con l’Italia sono sospesi, pare, fino al 6 aprile. Stanotte ho inviato due mail: una all’ambasciata italiana di Rabat e l’altra al consolato italiano di Casablanca. Chiedevo se era, ipotesi, consigliato spostare in avanti il rientro in nave per l’Italia.
Stamattina googlando leggo (fonte ANSA 21.30 di ieri) che il governo del Marocco ha chiuso il traffico navale con l’Italia. In Marocco una morte certa per Coronavirus, e in tutta l’Africa sono 11 (se non ricordo male) i Paesi contagiati. Mi hanno risposto sia l’ambasciata che il consolato con una mail standard in cui confermano quanto scritto sopra. La mia ESP (Extra Sensory Perception), già da un po’, è che rimarremo bloccati in Marocco.
A me e Caterina (la femmina alfa e anche l’unica del gruppo) non ce ne può fregare di meno di tornare, mentre Giorgio, Luciano e Sandro sono molto preoccupati. Siamo in attesa di capire cosa succederà… Oggi passeggiatona nella medina e pomeriggio a bordo piscina. Non ho ulteriori parole, se non angoscia, ansia e speranza.
12 marzo – Fes-Chefchaouen (370 km)
Qui Radio Londra… Confuso tra i dubbi e lo stato d’animo che ho/abbiamo sulla catastrofe che incombe sul nostro pianeta, con difficoltà mando avanti il resoconto della nostra odissea. In breve: da Fes a Chefhaouen sono 170 km di strada di montagna. Al km 80 sbagliamo un bivio e percorriamo 100 km a vuoto. Nelle ultime due ore di viaggio il cambio del Brahmaputra nega l’accesso alla prima, seconda e spesso terza marcia. In qualche modo alle 20 arriviamo a destinazione dopo 10 ore di viaggio. Siamo a 100 km da Tangeri.
13 marzo – Pausa a Chefchaouen
Giornata “tranquilla” con giro turistico nella città azzurra e pausa pranzo nella splendida piazzetta della medina. Pomeriggio ansiogeno per cercare di capire qualcosa di più sulle nostre opzioni di rientro. Alla fine, esauriti, ci rassegniamo al fatto di non riuscire a capire una fava.
Domani, al porto di Tangeri Med, speriamo di avere da qualche autorità indicazioni che diano un minimo di chiarezza sul da farsi. Ancora una volta, per tutti, resistere, resistere, resistere… Quando anche questa passerà, festone epocale. Un abbraccio a tutti voi.
14 marzo – Chefchaouen-Stretto di Gibilterra-Almeria 500 km
Si parte presto, alle 8 motori accesi e discesa fino al porto di Tangeri Med. Pare che l’unica opzione possibile sia attraversare lo stretto sulla tratta Ceuta (enclave spagnola sulla sponda mediterranea) – Algeciras. Facciamo i biglietti e bruciamo i 35 km che ci separano da Ceuta. Sbarcati, si lanciano i mezzi a tutta birra verso il bel Paese dove sappiamo attenderci gli arresti domiciliari.
Percorriamo 350 km e facciamo campo per la notte in un distributore di benzina. A proposito di benzina, ci si addormenta respirando i suoi aromi provenienti dal serbatoio della verdona. Evidentemente la saldatura della crepa fatta a Tagounite sta cominciando a cedere. Nell’indecisione tra essere felici o depressi ci sistemiamo nei sacchi a pelo e… Domani è un altro giorno. Siamo in missione per conto di Dio.
15 marzo – Almeria-Barcellona (750 km)
7.30 pronti via si parte. Si comincia a percepire l’oscura presenza del maledetto bacillo. Tutto chiuso. Autogrill con solo rifornimento e omino guanti-munito in cassa separato da vetrata. Appuntamento logistico con Arturo (di Sandro fratello) che sverna in quel di Benidorm e ci porta in un piccolo market per fare cambusa.
Anche in Spagna per decreto la domenica è tutto chiuso. Quindi breve pausa pranzo con birrazza e si riparte. A sera si fa campo e cena in Autogrill nei pressi di Barcellona. A ogni chilometro si fa sempre più pesante la consapevolezza di quello che ci aspetta. Godiamoci questi ultimi momenti di libertà… Rastaman vibration.
16 marzo – Stazione di lancio “Barcellona”, galassia Ursa Major II
L’orologio atomico indica le ore 7, 23 minuti e 45 secondi quando premo l’avviamento motori una volta ricevuto l’OK dalla sala controllo. Sono solo in cabina sulla nave-cargo interstellare “Brahmaputra” classe Pulsar. Ai miei lati i due R4 (Ricognitori classe 4) già staccano dalla piattaforma.
Il vecchio cargo brontola, vibra, rolla e lentamente stacca anche lui. Noi siamo in 5, ma altri migliaia stanno partendo. Missione di non ritorno qualificata top secret. Fra 6 ore riceveremo istruzioni e il protocollo da seguire. 1.000 pensieri tempestano la mente. Il bip del neuroricevitore interrompe il caotico tumulto cerebrale.
Ci siamo, il dossier è sullo schermo, il sintetizzatore vocale recita: “Progetto Naritasci. Sviluppato sulla base delle millenarie filosofie orientali e sullo sciamanesimo ancestrale, si pone l’obiettivo della salvaguardia della razza umana e dell’universo. Alla fine 2020, come sapete, la pandemia dovuta a Coronavirus quasi sterminò il genere umano che si salvò con un esodo verso gli esopianeti di Ursa Major II.
Purtroppo il genere umano non ha fatto tesoro delle cause di quel dramma e non si è liberato da “virus” ben peggiori quali: la smania di potere, il culto del denaro, lo schiavismo, la sopraffazione, l’odio razziale, le religioni, lo sfruttamento delle risorse, insomma per farla breve la razza umana è anaffettiva verso se stessa e l’ambiente che la ospita.
E così, come la Terra si è ribellata 117 anni fa con una pandemia, ora i nostri esopianeti sono al collasso. Stiamo distruggendo noi stessi e l’universo. La missione “Naritasci” prevede il ritorno alla data 16/3/2020 di 5.000 individui che possano modificare gli eventi e scongiurare la pandemia.
Tutte le vostre navi sono state equipaggiate con un acceleratore tachionico e un riqualificatore neurale. Il primo permette di viaggiare indietro nel tempo, mentre il secondo effettua una riprogrammazione della matrice neurale attraverso elettrodi installati nel casco.
La riprogrammazione vi consentirà di diventare massa critica nei punti chiave del pianeta Terra e modificare il corso della storia. Da ora avete una finestra di 180 secondi per avviare il lancio della procedura, codice di sblocco 2031 1532 94…”.
Inebettito digito la sequenza di sblocco, lo sportello scivola di lato e premo per avviare la procedura, senza esitazioni. Giusto il tempo di vedere gli anni scorrere all’indietro, sentire scintillare la massa cerebrale e perdo conoscenza…
Apro gli occhi e mi rendo conto che il Brahmaputra è uscito dalla carreggiata e sta per impattare contro il guard rail, d’istinto sterzo e riesco a evitare di un soffio la catastrofe. Cuore in gola, due respironi e l’adrenalina comincia a calare. Rintronato, confuso, mi chiedo dove sono? Chi sono? Con chi sono?
Vedo le due R4… Ah, sì, il viaggio, la Mauritania, il Marocco, la pandemia, la Spagna e adesso siamo in Francia in viaggio da sei ore, un colpo di sonno, sono stravolto. Sono ancora mezzo rimbambito quando un bip dal cellulare richiama la mia attenzione. È un messaggio su uozzap, numero sconosciuto, il testo: “Naritasci: Rinascita”.
Una volta letto, serenità e pace mi avvolgono, e tutto mi è improvvisamente chiaro… So cosa devo e dobbiamo fare, siamo in migliaia, un nuovo corso, una nuova consapevolezza. Sappiamo tutti che possiamo cambiare per migliorare la qualità delle nostre vite e, non ho dubbi, sono sicuro che ce la faremo. Hasta la victoria siempre!
16 marzo – Barcellona-Albenga (750 km)
Ore 7, 23 minuti e 45 secondi: accensione motori (déjà vu?).
Ore 17:00, rientrati in Italia. Ultima cena fai da te in Libertà. Ultima notte on the road, si dorme saccoapelati in Autogrill dismesso. Domani telefono-casa.
Ah, dimenticavo: buona Naritasci a tutti, nessuno escluso.
17 marzo – Albenga-Besate (200 km)
Totale chilometri percorsi: 9.500. Nei pressi di Tortona la badante che segue h24 la mia 89enne madre mi comunica che ha febbre e malesseri (la badante, non mia madre). Quindi chiama un’ambulanza e va al Pronto Soccorso dell’ospedale San Paolo di Milano.
Mi dice anche che aveva contattato una sostituta, ma gli infermieri hanno risposto picche e hanno lasciato mia madre, invalida al 100%, da sola a casa. Secondo loro poteva assisterla solo un parente. Dei geni.
Sentito il mio medico di base, sono in quarantena forzata per 14 giorni con l’obbligo di non uscire di casa, pena l’arresto. Inoltre anche se forzassi il blocco potrei contagiare mia madre, se fossi infetto, e condannarla a morte certa. Tutto questo è successo a mezzodì all’incirca.
Per 4 ore ho telefonato ai numeri verdi di assistenza, fino a chiamare per due volte il 112 (massima priorità) che mi passava il 118, il quale a sua volta mi comunicava che il caso esulava dalle loro casistiche. Perfetto.
Un’ora fa ho lanciato mio figlio dalla nonna per accertarsi del suo stato. Naturalmente senza avere contatti per evitare contagi. Nel frattempo, per altri canali (amicizie), sto cercando una badante che sia immediatamente disponibile. Non ho più energie né fisiche né mentali per affrontare questo ennesimo stress, il classico cul de sac. Se qualcuno avesse idee illuminanti lascio il mio telefono… poi andrà tutto bene.
This is the end my beautiful friend, the end… (J. Morrison).
Questo viaggio rimarrà per sempre nei nostri cuori per l’amicizia, la solidarietà, l’amore per il creato, valori che contraddistinguono le nostre esistenze.
Un infinito grazie ad Ecologica Naviglio SPA, AVIS Abbiategrasso e agenzia viaggi SaharaMonAmour, sponsor e insostituibili “compagni di viaggio”.
Fabrizio Rovella di SaharaMonAmour ringrazia i suoi sponsor: Ronco Alpinismo a Torino, Hotel Condor a Riccione, Ristorante Le Dune a Castiglione della Pescaia (GR), Libreria della Montagna a Torino, Altai Gallery a Milano.
Partner di SaharaMonAmour sono Ferrino, Grivel, AKU, Ristorante Sovietniko, Agenzia Quattro Passi.
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